Pubblicato il: 26 Maggio, 2010

Ricette di guerra

Ricette di guerraCi sono molti modi per raccontare una guerra. Il memoriale di Carlo Cattaneo sulle Cinque giornate milanesi e la prima Guerra d’indipendenza è fedele alla tradizione del Machiavelli nel chiarire quanto un organizzatore politico possa saperla più lunga degli specialisti. Contiene un compendio di soluzioni a ogni nodo della disfatta sabauda e, accanto alle idee sulla ‘guerra di manovra’, allinea le pratiche di guerriglia assunte dai milanesi. Cattaneo aveva guidato il Consiglio di Guerra durante le Cinque giornate. Assieme a lui, patrioti come Giuseppe Ferrari, Giorgio Clerici ed Enrico Cernuschi avevano diretto la furia popolare contro le truppe austriache. Tattiche di guerriglia pensate e dirette da un economista vinsero il secolare prestigio dei generali asburgici. Per Cattaneo l’organizzazione era tutto: conoscenza del territorio, disciplina dei volontari, velocità nelle comunicazioni, difesa dei punti strategici e tattica flessibile. Abilità tanto più sorprendenti in un uomo che non era un rivoluzionario. Era stato contrario all’insurrezione, considerata una controproducente provocazione foriera di sconfitte militari e autoritarismo nel governo civile. Aveva confidato in una svolta liberale dell’Impero e, proprio quando la caduta di Metternich pareva dargli ragione, fu trascinato a capo dell’insurrezione. Con l’Impero Asburgico si sarebbe potuto convivere, persino rinunciare alla repubblica e conquistare il federalismo sotto le insegne di Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica. Non con i Savoia, però. E il suo disprezzo per quella vecchia dinastia, “reliquia della defunta feudalità francese”, si tradusse nella disamina della sua arcaica inadeguatezza militare. La prima guerra d’indipendenza fu un’antologia di errori grossolani e ingenuità, ancor prima che di colpevoli omissioni. Sconfitto a Custoza, Carlo Alberto preferì retrocedere, consegnando Milano agli austriaci, piuttosto che avvalersi dei volontari. Ma Cattaneo dimostra che dei volontari Carlo Alberto non avrebbe saputo che farsene. Cita interi passi dalla “Relazione” del generale sabaudo Eusebio Bava, dalla quale emerge come i piemontesi fossero sprovvisti persino di carte militari. E spiega: Le leva in massa, allontanandosi troppo dalle case loro, non possono poi durare, per disagio di viveri e alloggiamenti, onde dal primo disastro vanno facilmente in confusione e avvilimento. Meglio “l’armamento territoriale”: Li abitanti di ciascuna valle devono attendere solo alla custodia di pochi e vicini punti, fidando che altrove si faccia altrettanto.

Enrico Sciuto

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