Salviamo Cinecittà, la “fabbrica dei sogni”
Fondata nel 1937, ha ospitato la realizzazione di tremila film, quarantasette dei quali hanno vinto l’Oscar. Celebri registi– tra i quali Fellini, Coppola, Visconti- hanno visto nascere in questo luogo i propri capolavori. Cinecittà è un luogo legato non solo alla storia del cinema italiano ed internazionale, ma anche all’immaginario collettivo come patrimonio storico e culturale del nostro paese.
Cinecittà, data in gestione nel 1997 alla società privata Cinecittà Studios SpA- presieduta da Luigi Abete, di cui lo stato detiene solo il 20%- per rilanciare la valorizzazione del cinema e della sua produzione, in realtà sta per scomparire, rimanendo solo un vecchio ricordo. Cinecittà Studios che la gestisce, infatti, avrebbe deciso di trasformare la vasta area in un complesso immobiliare con tanto di centri benessere, ristoranti e alberghi a 5 stelle. “Circa quaranta persone tra manutentori e amministrativi non sappiamo ancora che fine faranno”- mi racconta Marco Caperna, lavoratore di Cinecittà e promotore, tra gli altri, del gruppo Facebook “Salviamo Cinecittà” che conta più di tremila iscritti. “Cinquantacinque passeranno da Studios a CAT (Città Allestimenti Tematici, la nuova società creata per la realizzazione di parchi tematici e outlet,tra cui anche Cinecittà World a Castel Romano, ndr), perdendo alla scadenza il contratto cinematografico per passare a quello del commercio. Lo stesso tipo di contratto che dovrebbero accettare altre diciotto persone per non farsi licenziare. Sei passeranno a Cinecittà Panalight, società che così facendo prende anche il marchio di Cinecittà: questi lavoratori non avranno più una rappresentanza sindacale che li protegge essendo sotto le quindici unità. Altre cento persone dell’area post produzione verranno affittate alla DELUXE, società inglese che lavora nel cinematografico, la quale assicura che DELUXE ITALIA non farà tagli al personale, ma allo stesso tempo dice che le decisioni vengono prese dalla sede centrale. Il contratto dura cinque anni per i reparti digital e cinefonico, mentre soli trentasei mesi con diritto di recesso in qualsiasi momento per il laboratorio sviluppo e stampa”. Il futuro è incerto, quindi. Il timore dei lavoratori è che le esternalizzazioni finiscano in cassa integrazione, mobilità e, infine, licenziamento. Il 4 luglio 2012 l’assemblea dei lavoratori di Cinecittà ha votato all’unanimità lo sciopero di cinque giorni, con presidio davanti agli Studios e l’occupazione di una parte dell’area. Giorni di dibattiti e iniziative, come la proiezione di film, per sensibilizzare l’opinione pubblica e per chiedere che “la fabbrica dei sogni” non venga chiusa. Giorni che da cinque sono diventati dieci, per poi andare ancora avanti. Ed è proprio lì, tra tende e striscioni, tra un bicchiere di vino e i bambini che giocano, che li ho raggiunti per ascoltare le loro testimonianze.
“Da circa quindici anni, ossia da quando è stata privatizzata Cinecittà che era completamente di proprietà dello stato, con tutta la parte di produzione, i teatri e le maestranze; e l’area di post-produzione, che comprende lo sviluppo e stampa, il digitale e l’audio, è stata attuata una politica dei prezzi al rialzo.”- spiega Mauro Celentano, lavoratore di Cinecittà e rappresentante sindacale. “La società, i cui azionisti sono Luigi Abete, Della Valle e De Laurentiis, ha cercato di scoraggiare la produzione a Cinecittà in tutti modi, per poi affermare che ci fosse crisi nel cinema. Questa crisi però, secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Regione, non sembra proprio esserci. Invece ci sarà lo smantellamento dell’azienda, secondo un piano industriale di “rilancio” dell’industria cinematografica. Un progetto in grande stile per “attirare” le produzioni soprattutto straniere: così dicono. Allo stesso tempo, però, vengono avviate le procedure di liquidazione dei lavoratori. Se davvero il progetto dell’azienda è di rilancio, come mai dismette le professionalità e le maestranze che possiede? Di duecentoventi lavoratori, all’interno ne rimarranno forse trenta. E’un’azienda vuota. Come fa a realizzare progetti cinematografici?” E questo famoso “piano industriale” su cui affermano di basarsi per attuare tutti i provvedimenti? “L’hanno presentato sulle pagine de La Repubblica, Il Messaggero e Il Sole 24 ore. Le hanno acquistate per un venerdì, un sabato e una domenica, prospettando questo fantomatico piano industriale. Le organizzazioni sindacali però non sono ancora riuscite ad ottenere nulla di scritto. Hanno ricevuto una semplice informativa. Ogni volta che hanno richiesto un piano industriale, o un piano d’investimento, la controparte ha sempre risposto che non poteva darla.” Quindi avete deciso di occupare. “Sì. Abbiamo un presidio qui accanto all’ingresso. Ci sono anche tre ragazzi sul tetto, che stanno facendo lo sciopero della fame. Siamo qui ventiquattro ore su ventiquattro, stiamo vivendo qui. I nostri familiari vengono a trovarci, la sera. Organizziamo incontri e assemblee. Abbiamo ricevuto un paio di esposti dall’Istituto Luce, ancora proprietaria degli immobili, ma la nostra protesta è civile. Noi abbiamo richiesto che si avviasse un tavolo di trattativa serio: qui si parla di un bene comune, di cui lo stato detiene il 20% delle azioni e gli immobili e quindi avevamo richiesto che avvenisse all’interno del Ministero dei Beni Culturali. Volevamo che facesse da garante o da arbitro durante la trattativa. Il tavolo in realtà c’è stato dato, ma non si è rivelato per noi soddisfacente. Ci sembrava che il Ministero facesse gli interessi dell’azienda, piuttosto che da arbitro imparziale, allora abbiamo deciso di continuare la protesta. E’stata anche presentata una mozione bi-partisan alla camera e al Senato a tutela degli studi cinematografici, con una conferenza stampa. L’eco della protesta è arrivata oltre i confini italiani: molti registi e autori stranieri hanno aderito alla sottoscrizione promossa da Ettore Scola. Sabina Guzzanti e Valerio Mastandrea sono venuti a trovarci, Zingaretti della provincia ci ha dato il suo appoggio. La Regione e il Comune sono stati un po’assenti: la Polverini non è intervenuta, mentre per il 18 luglio siamo riusciti ad ottenere un incontro al Campidoglio con il sindaco Alemanno.”
Quali sono le vostre richieste?
Noi vogliamo un tavolo di trattativa serio: i numeri cambiavano di giorno in giorno. Ci hanno anche detto che, se avessimo accettato questo piano, non ci sarebbero stati problemi, altrimenti sarebbero stati costretti a dichiarare settanta esuberi. Vogliamo che Luigi Abete in persona venga a questo tavolo e non mandi nessun altro. La nostra è una lotta non solo per la salvaguardia dei lavoratori di Cinecittà, ma per l’intero paese”.
E’possibile aderire alla sottoscrizione “a sostegno dei lavoratori che occupano Cinecittà contro il progetto di smantellamento di tutta la forza lavoro e della cementificazione speculativa di 400.00 metri cubi” tramite questo IBAN: IT 52P0558403207000000000800.
Mariangela Celiberti