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Sandro Bondi

A guardarlo dovrebbe fare quasi tenerezza, il ministro della cultura Sandro Bondi, un  patuffolo di cotone (tanto pesa la sua testa), un viso che sa di borotalco (di questo colore la sua conoscenza sul campo culturale) un ministro esautorato ( l’unica cosa seria che abbia detto in questi anni).

Ha quindi avuto un sussulto, un erezione maschile dopo i tagli paventati da Tremonti indiscriminati come può essere la pioggia o la peste.

Si è considerato esautorato, e questa è una novità, perché non sapevamo che Sandro Bondi fosse stato autorità della cultura, come la Gelmini lo è della scuola.

In realtà egli rappresenta la cultura tanto quanto Capezzone rappresenta la coerenza, quanto Leopardi che fa le battute sconce al Bagaglino, o il Pd un partito d’opposizione.

D’altra parte quando venne fatto ministro, l’unico merito per cui venne destinato al dicastero era quello d’aver scritto poesie (se per questo pure Stalin era uno che si era occupato di storia – pure Stancanelli aveva giocato a fare il sindaco quando andava a scuola).

Eppure nessuno è mai sceso nella parte come Sandro Bondi, perché si! Altro che Elio Germano (ultimo vincitore del premio quale migliore attore al festival di Cannes e snobbato dal nostro ministro), Bondi è il miglior “inetto” sveviano della storia, colui che vorrebbe essere forte ma non lo è, colui che vorrebbe adorare ma è sempre secondo.

Ed è secondo perfino nei tagli, perfino nello schiaffo. Ah! Pure il nostro Zeno Cosini – protagonista della “Coscienza di zeno” non elaborava lo schiaffo del padre.

Sarà che dobbiamo attenderci un grande romanzo tipo “La coscienza di Bondi”?

Carmelo Caruso