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Scenari di politica italiana

La crisi della sinistra radicale è arrivata all’apice con la fuga di Nichi Vendola e dei suoi sostenitori dalle file di Rifondazione Comunista. Pregano di non chiamarla scissione, ma di fatto una definizione migliore non c’è. Una parte della minoranza uscente ha già tradito il nuovo progetto di Rifondazione per la Sinistra, decidendo di rimanere tra le file del PRC. E tra chi invece ha già strappato la vecchia tessera, sono tanti, troppi coloro che nutrono ancora forti dubbi verso un movimento che nasce in nome dell’unità proprio da una divisione. Qualche perplessità, a dire la verità, è lecita.

A destra lo scenario sembra essere abbastanza chiaro. Il PDL, finché sul “palcoscenico politico” rimarrà Silvio Berlusconi, sembra essere destinato a rimanere in vita. Qualche fetta dell’ex Alleanza Nazionale sarebbe più contenta riacquisendo la propria autonomia, ma per ora nessuno strappo. La Lega Nord, più forte che mai, incalza il premier sul federalismo, la nuova arca di Noè di un programma xenofobo e omofobo con il centro nella Padania, unica vera terra da considerare pura. Daniela Santanchè, con la sua sempiterna presenza nel salotto di Barbara D’Urso, sfrutta le onde Mediaset per pseudo-interventi da donna italiana, che altro non sono se non palesi e lampanti messaggi partitici. Ed infine, nel centro o centrodestra (al lettore la sentenza), l’UDC e Casini alternano momenti in cui strizzano l’occhio a Silvio, vecchio compagno d’avventure, ad altri in cui allungano la gamba per tirargli uno sgambetto, pur sempre con tutto il rispetto delle circostanze.

Ritornando nel viaggio nei meandri della sinistra, è Antonio Di Pietro il vero protagonista di questa stagione politica, attraverso un programma che non fa altro che viaggiare in direzione opposta a Berlusconi, senza precisi ideali se non quelli della giustizia, gli unici tanto validi da stare a cuore al magistrato Tonino. Il figlio Cristiano coinvolto in appaltopoli e alcuni malumori interni riguardo l’eticità degli esponenti politici tesserati hanno fatto traballare il podio ottenuto da Italia dei Valori in questa ironica classifica. Ma sembra comunque che urla e gran vocioni contro Berlusconi stiano servendo ad aumentare i consensi. Non resta che parlare di lui, colui che aveva promesso una grande forza riformista, un grande cambiamento per l’Italia sull’onda del “Yes, we can” americano. Il suo nome è Walter Veltroni e per lui non sembra esserci alcuna medaglia. Il bipolarismo non da i risultati sperati, l’opposizione al governo in carica si rivela nulla e visti nei sondaggi clamorosi cali di consensi, lui che fa? Si accorda con la maggioranza e porta avanti lo sbarramento al 4% in occasione delle Europee di Giugno. Una mossa che segna la fine dei partiti più piccoli, che potrebbero approfittare della diaspora dal Partito Democratico, partita già dal primo mese di “governo ombra”.

Sarà per caso una mossa per evitare una scissione, che, secondo voci di corridoio, sarebbe già pronta a compiersi dopo le elezioni per il rinnovo per Parlamento Europeo? In una prospettiva di fanta-politica, alquanto plausibile, sembra che l’ex area DS, scontenta di questa svolta a destra compiuta nell’accordo con Veltroni, prema per abbandonare il PD e confluire in un partito nuovo di zecca insieme alle forze guidate dallo spregiudicato Nichi Vendola. Nascita di un possibile Partito socialista oppure suppliche in extremis dall’ombra del premier? Chi vivrà, vedrà!

Gianluca Ricupati