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Silent house

La casa isolata e circondata da un affascinante paesaggio, che ha ospitato la sua infanzia, deve essere ristrutturata: Sarah accompagna così suo padre e suo zio per aiutarli nei lavori. Qualcosa di strano però richiama la sua attenzione: seguendo dei rumori sinistri, si rende conto che c’è qualcun altro in casa con loro. Qualcuno che ha già aggredito suo padre e ora sta cercando proprio lei…

Silent House è il remake americano- diretto da Chris Kentis e Laura Lau- di un horror uruguayano del 2010, “La casa muda” che, presentato al Festival di Cannes, riuscì ad attirare una certa attenzione.  La particolarità dell’originale- l’utilizzo del piano sequenza- è qui mantenuta, rivelando uno degli aspetti più interessanti del film. Le caratteristiche tecniche, come le riprese attraverso spazi angusti o la fessura di una porta, e la telecamera, che insegue come un’ombra la protagonista, rappresentano sicuramente la sua parte maggiormente riuscita. Tetro e buio quanto basta (gran parte delle scene sono illuminate solo da candele, torce e lanterne), riesce a dare una parvenza di incognito, insinuando quel terrore che nasce dalla confusione, dall’impossibilità di vedere lucidamente e capire cosa stia davvero accadendo. La protagonista Sarah- interpretata dalla brava Elisabeth Olsen, sorella delle più famose gemelle Mary Kate e Ashley- ha terribili visioni di sangue e violenza, incubi ad occhi aperti in cui sono protagonisti una bambina e un uomo dalle sembianze spaventose. Purtroppo però il demone che la insegue non infesta la casa, bensì la sua mente e la sua anima. Delle vecchie Polaroid mostrano ciò che era accaduto tra quelle mura molti anni prima: i ricordi sepolti prendono così vita e tornano a tormentare un equilibrio evidentemente precario. Sullo sfondo traumi infantili e un mostro, quello vero, che spesso si nasconde proprio nel luogo che dovrebbe essere il più sicuro: la famiglia.

Mariangela Celiberti