Pubblicato il: 13 Dicembre, 2009

State of play

state-of-playStephen Collins (Ben Affleck) è un giovane e brillante deputato a capo di un comitato che vigila sulle spese per la difesa nazionale. Cal McAffrey (Russell Crowe), compagno di stampa di Stephen ai tempi del college, è un giornalista del Washington Globe, un reporter vecchio stampo, poco avvezzo alla tecnologia e molto allo studio dei casi ed all’indagine sul campo. Un sera, in una zona periferica di Washington, due giovani vengono colpiti a morte da colpi di arma da fuoco. Il giorno seguente, l’assistente di Collins, capo-ricercatrice del comitato, nonché sua amante, finisce misteriosamente sotto il vagone della metropolitana in transito. Cal inizia ad indagare sul primo omicidio, mentre la giovane collega Della Frye (Rachel McAdams) indaga sulla morte della ricercatrice. Cal si rende ben presto conto che tra i due omicidi c’è qualcosa in comune, che vengono da una stessa sorgente, che le due storie sono collegato, e dietro c’è qualcosa di ben più grosso di quanto lui stesso possa immaginare.

Il regista scozzese Kevin MacDonald, già autore di documentari e di “L’ultimo re di Scozia”, porta sul grande schermo l’omonima serie tv britannica “State of play”, riadattandola al contesto americano e accorciandola nella lunghezza. Il risultato è molto positivo. “State of play” riesce a tenere incollato lo spettatore davanti lo schermo per tutta la durata del film, senza anticipare nulla, e mantenendo intatta la tensione. Perfetto Crowe nel ruolo del giornalista d’inchiesta che va oltre lo studio delle apparenze, ed Affleck nei panni del bel deputato perfettino, che però occulta qualcosa per non infangare il proprio nome. E dire che proprio questi due sono stati delle seconde scelte: infatti, Brad Pitt era stato scelto come giornalista, ma ha abbandonato per incongruenze con il regista, mentre Edward Norton doveva essere il deputato, ma anche lui ha dovuto lasciare a causa di altri impegni presi in precedenza. E forse la pellicola ci ha guadagnato. Nel caso di Crowe sicuramente.

Diego Bonomo

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