Superstizione e scaramanzia beni di prima ignoranza
Superstizione – Sembrerebbe l’ennesimo neologismo britannico inculcato a martellate nella nostra già complessa e macchinosa lingua.
Bisogna guardare indietro, molto indietro, per capire quanto questo termine sia radicato nella nostra cultura (e in quella di tutto il pianeta terra). Superstizione è una parola di derivazione latina, nasce dalla fusione di due locuzioni: Super (sopra) e stitio (stato), dove per stato si intende “lo stare”, quindi che “sta al di sopra”, riguardante il soprannaturale. Come ci viene incontro il dizionario nel definire la superstizione? “Credenza irrazionale, spesso dettata da ignoranza o da paura, in forze occulte ritenute portatrici di influenze perlopiù negative” (fonte, dizionario Sabatini Coletti n.d.r.). Non bisogna di certo riesumare Kant e “la critica della ragion pura” per capire che si sta parlando di un qualcosa frutto delle contorte ansie, dei tabù e del folklore umano. Tra gesti scaramantici e superstizioni l’elenco è lungo: “passare sotto una scala”, “aprire un ombrello in casa”, “rovesciare il sale”, “rompere uno specchio”, “il numero 13”, “venerdì 13”, “il gatto nero”, “le dita incrociate”, “toccare legno”, “toccare ferro”, “grattarsi i gioielli di famiglia”, “il malocchio”, “il quadrifoglio”, “la sposa non deve essere vista la sera prima del matrimonio”, “tredici in tavola”, “le posate messe in croce”, “il colore viola”, ecc. Ci si potrebbe coprire l’intero calendario annuale di pubblicazioni per spiegare singolarmente la storia di tutte queste “credenze” o “superstizioni” e sarebbe comunque un puro esercizio di archiviazione enciclopedica. Perché? Proprio per il concetto di cui sopra: una credenza in quanto tale oltre a rivelare ignoranza e una sorta di delirio di onnipotenza (le nostre azioni sarebbero così potenti da scatenare una reazione soprannaturale mutando gli eventi futuri) è una credenza in quanto tale (qualcosa in cui si crede) e non la realtà dei fatti, pertanto, non esiste a supporto nessuna prova scientifica se non un mucchio di coincidenze. Una serie di contingenze e di consuetudini tramandate nel tempo che ripetute continuamente sono state assunte come fatto vero quando invece si tratta di semplici riti folkloristici inventati dall’uomo nel disperato tentativo di aggraziarsi il divino. Perfino tutte le religioni esistenti (dalla più praticata alla più sconosciuta) si discostano nettamente da qualunque rito scaramantico e da improbabili superstizioni tramandate nel corso dei secoli. È qui che si concentra il paradosso del genere umano: I fondamenti religiosi sono assunti come oro colato ma se si tratta di sfiga diventiamo tutti eccessivamente prudenti. Tre passi indietro se attraversa il gatto nero, il sale buttato dietro la schiena, i fiori dispari al cimitero e il solito povero disgraziato seduto in disparte se si è tredici in tavola. È come se dessimo a nonna il difficile compito di esplicare “le probabilità delle transizioni atomiche”. Nel frattempo immaginiamo Albert Einstein sovrappensiero che tenta di applicare la teoria della relatività su un gatto nero, mentre passa sotto la scala del suo imbianchino, si salvi chi può, “facciamo le corna”.
Girolamo Ferlito