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Talidomide, una storia lunga cinquant’anni

“Immagini una madre che partorisce un figlio malformato, perché lei ha ingerito un farmaco: immagini il dramma per ogni famiglia, il rimorso provato.”

Sono queste le parole che più mi colpiscono di Vincenzo Tomasso, presidente dell’associazione T.A.I.- Thalidomidici Italiani Onlus. La vicenda che lo riguarda, e che ha coinvolto circa settecento bambini in Italia e migliaia nel mondo, dura da più di cinquant’anni: ossia da quando venne immesso sul mercato, nel 1957, il Talidomide, un farmaco contro la nausea in gravidanza. Quel medicinale, considerato all’inizio sicuro, in realtà provocò malformazioni ai feti, soprattutto agli arti superiori ed inferiori. Di quei settecento bambini, ne sono sopravvissuti meno della metà, circa trecento. La battaglia per ottenere un indennizzo per quanto subìto, è stata lunga e non è ancora finita.

“Abbiamo fondato questa associazione nel 2004 a Padova e da allora ci siamo battuti per ottenere un risarcimento.” – mi racconta Tomasso. – Alla fine, nel 2006, è stata riconosciuta ufficialmente la “sindrome da Talidomide” e nel 2009 il ministro Sacconi formò un decreto per riconoscerci un indennizzo a partire dal 1 gennaio 2009. Prima di allora non abbiamo mai ricevuto un centesimo, né dallo stato italiano né dalla Grunenthal.” La Grunenthal è l’azienda tedesca che inventò il Talidomide. E che, in occasione dell’inaugurazione di un monumento per le vittime del farmaco nella città di Stolberg, lo scorso 31 agosto in Germania, ha chiesto scusa tramite Harald F. Stock, il suo CEO: “Voglio cogliere l’occasione per esprimere il nostro sincero dispiacere per le conseguenze del Talidomide e la nostra profonda vicinanza alle vittime, alle loro madri e famiglie. Chiediamo scusa per non aver parlato con ognuno di voi per quasi cinquant’anni ed essere invece rimasti in silenzio. Vi chiediamo di vedere questo atteggiamento come il risultato dello shock che ciò che vi accadde ci provocò.” Sul sito dell’azienda si trovano diverse informazioni sul farmaco e gli avvenimenti che si sono susseguiti dal suo lancio fino ad oggi, compresi i circa cinquecento milioni di euro corrisposti alle vittime tedesche. Si legge anche che “la tragedia del Talidomide avvenne in un mondo completamente diverso da quello odierno”. Nonostante l’accaduto abbia portato a controlli più rigorosi e nuove procedure finalizzate a minimizzare i rischi sui pazienti, ci sono ancora dei conti in sospeso con le vittime di molti altri paesi nel mondo, comprese quelle italiane. “A noi italiani la Grunenthal non ha mai voluto riconoscere nulla, spiegando che loro avevano solo venduto il brevetto ad aziende italiane, nel frattempo fallite o scomparse. – continua Tomasso.- Secondo noi però la responsabilità è di chi ha inventato il farmaco. Lo stato italiano se l’è assunta per il periodo in cui ha autorizzato la vendita del farmaco nel nostro paese, ossia dal cinquantanove al sessantacinque perché, sebbene il medicinale sia stato ritirato nel sessantadue, vanno considerati i trentasei mesi di validità. Una decina di nostri associati, a causa di una serie di cavilli burocratici e per errori del ministero, non sono ancora riusciti a percepire alcun indennizzo.”

Cosa pensate quindi di queste “scuse ufficiali” della Grunenthal? “Le scuse le accettiamo”- mi risponde Tomasso- “ma solo se rappresentano l’inizio di un discorso più concreto. Ormai siamo cinquantenni, ci stiamo avvicinando ad una certa età e le malformazioni che abbiamo non ci consentono di vivere da soli. Abbiamo bisogno di aiuto, di assistenza, anche di tipo economico. Noi chiediamo che la Grunenthal ci risarcisca il danno che ci ha causato. Che ha causato a noi, alle nostre famiglie.

Stiamo valutando come partire con questa battaglia. Ci stiamo consultando con dei legali per capire qual è la strada da intraprendere, se una class action o altro. Sicuramente non ci fermeremo.”

Mariangela Celiberti