Pubblicato il: 24 Aprile, 2012

Televisione e bambini: “educare” alla violenza

bambini-e-televisioneFacendo una stima che mette a confronto la popolazione italiana ed il numero di televisori che essa possiede, ci si rende ben presto conto di quanto questo strumento ed il suo utilizzo siano in continuo aumento: se negli anni ’60 possederne una era un lusso, oggi possediamo più di un televisore ogni due persone. Ma se la televisione da un lato è informazione e comunicazione,  dall’altro è un vero e proprio danno. È stato appurato, infatti, che l’adulto medio che accende la televisione, lo fa con una mentalità adolescenziale: dopo una giornata lavorativa, egli ha bisogno di guardare qualcosa che lo distragga e che non richieda un grosso sforzo celebrale. In questo modo, l’intrattenimento a poco a poco è diventato reality show o violenza, già dannosi per un pubblico di adulti, figuriamoci per un bambino. Già dai 3/4 anni, il bambino (già capace di empatia, ovvero è in grado di “mettersi nei panni” di ciò che vede) osserva e riproduce ciò che il mezzo televisivo gli offre come modello, ma non è ancora in grado di distinguere tra ciò che è giusto da ciò che non lo è. La televisione era entrata nella sua vita molto prima, però: già a 6 mesi un bebè è incuriosito dalle scene presentategli sullo schermo, e cerca di seguirle al punto tale che se la trasmissione si interrompe egli scoppia a piangere. A due anni, egli diventa un vero e proprio telespettatore, e negli anni successivi conosce già gli orari dei propri programmi preferiti e si arrabbia se gli viene proibito di guardarli. Il quantitativo di ore passate davanti alla tv, in questa fase, è mediamente di due ore e mezza, ma tocca anche picchi di cinque. E quel che è peggio è che la televisione per il bambino ha oramai soppiantato il tempo trascorso nel gioco, l’attività principale del fanciullo. Del resto, si registra ormai come un atteggiamento comune la tendenza dei genitori ad usare il mezzo televisivo come “baby-sitter”: una vera e propria maestra per il bambino. Le ore trascorse tendono ad aumentare fino ai dieci anni, per poi diminuire sempre di più durante l’adolescenza e ritornare con forza nella terza età, come passatempo o semplice compagnia. Il problema, oltre al quantitativo di ore giornaliere trascorse dai bambini davanti alla tv, risulta essere il modo con cui essi si rapportano ad essa: spesso e volentieri, i genitori li lasciano soli e non controllano i contenuti dei programmi che guardano, che, nonostante le “fasce protette”, spesso sono inadatti alla visione di un pubblico poco maturo. È questo ciò a cui ci sta portando la desensibilizzazione delle immagini violente che avviene sui nostri schermi ogni giorno: si calcola che a 14 anni un minore ha già assistito a 18mila omicidi in tv. E se è vero che assistere a tali scene non lo farà diventare un serial killer, è altrettanto un dato di fatto che ormai non ci si scandalizza più di fronte a niente, e nemmeno la dignità calpestata e filmata di qualcun altro è più in grado di farci spingere il tasto rosso sul telecomando.

Sara Servadei

Lascia un commento

Devi essere collegato to post comment.