Pubblicato il: 26 Maggio, 2008

Un caso di coscienza

OspedaleImmaginate un paziente che si presenta in ospedale, chiede aiuto, ha bisogno di cure e assistenza, immaginatelo disorientato, spesso solo. Ora immaginate questo paziente nella condizione in cui gli vengano chiuse il 70% delle porte in faccia, senza che i medici in questione vengano perseguiti penalmente. Forse l’ennesimo caso di malasanità, forse uno scandalo, o forse avete appena scoperto di vivere in Italia, il paese degli obiettori di coscienza. L’obiezione di coscienza nell’accezione politicamente corretta richiama alla mente un bisogno di libertà, il bisogno di distaccarsi da quello che la chiesa chiama “la mentalità abortista senza fine”, dà la possibilità a qualunque tipo di medico ( dal ginecologo all’infermiere ) di rifiutarsi di prestare cure mediche alla donna, senza correre rischi di natura legale e deontologica. L’obiezione di coscienza contro l’aborto viene spesso associata culturalmente ai principi espressi dall’obiezione di coscienza per la leva obbligatoria, da cui cerca di cucirsi addosso la stessa matrice ideologica.

Benché l’omonimia, il paragone fra i due fenomeni è ingiustificato sia dal punto di vista storico che giuridico: se l’obiezione alla leva obbligatoria risponde perfettamente alla definizione giuridica di obiezione di coscienza, ossia negare l’espletazione di un obbligo di legge per motivi ideologici divenendo perseguibile penalmente, e la sua storia riporta alle lotte di normali cittadini contrari alla guerra, finiti in carcere e socialmente maltrattati, al contrario l’obiezione di coscienza contro l’aborto si rivolge a una categoria protetta da un’ordine, che rifiuta di effettuare una pratica legale entrata in vigore attraverso un referendum popolare, pratica di cui gli aspiranti medici sono a conoscenza, quindi al giuramento di Ippocrate sono consapevoli della loro scelta. Così facendo non solo vanno contro il principio stesso della medicina, che prevede l’assistenza a qualunque tipo di malato, ma oltretutto si limita la libertà del paziente, colui che in termini giuridici paga realmente lo scotto dell’obiezione, infatti i medici non incorrono in nessun provvedimento. Per tutti questi motivi i medici che rifiutano di praticare l’IVG non possono essere definiti obiettori, ma solo dei privilegiati, che godono ancora di un provvedimento aggiunto alla 194 nel ’78 per favorire quei medici iscritti all’albo prima dell’entrata in vigore della legge stessa.

Dopo trent’anni l’applicazione di questo tipo di obiezione ha sempre meno a che fare con fattori ideologici e sempre più con fattori economici ed esercizi di potere, anche perché se fare il medico avesse a che fare con la moralità, probabilmente la maggior parte dei pazienti non verrebbero curati. Gli obiettori godono di un ambiente compiacente, di agevolazioni per adempiere al meglio la loro scelta e in alcuni casi vengono offerti loro gettoni supplementari per non essere più obiettori. Oltretutto molti medici si proclamano obiettori solo nel servizio pubblico. Al contrario i non obiettori sono sempre più soli, come riportano molte testimonianze su internet, il loro lavoro aumenta a discapito della carriera. L’obiezione di coscienza contro l’aborto è in continua crescita come dimostrano i dati, in alcune regioni d’Italia si toccano picchi dell’80%.

Questi dati spesso vengono associati al numero inferiore di aborti dell’Italia rispetto all’Europa, a voler testimoniare l’utilità dell’obiezione. Ovviamente questo tipo di indagine non tiene conto dell’ignoranza che attraversa questo tema, ignoranza causata anche dal clima repressivo e moralistico lanciato dagli obiettori. Questo tipo di dibattito è portato avanti da molti nomi illustri quali Carlo Flamigni, professore ordinario di ostetricia e ginecologia all’università di Bologna nonché membro del Comitato Nazionale di Bioetica, che ha scritto un’articolo su quest’argomento in Micromega di marzo, e Don Gallo, il prete famoso per le battaglie anticonformiste. Che valore abbia eticamente un feto è un dubbio celato nel cuore di ognuno, che valore abbia la vita di una donna per un medico è un’imposizione giuridica che protegge le libertà civili di ognuno di noi.

Rosanna Migliore

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