Pubblicato il: 7 Marzo, 2008

Un genocidio di serie B

GroznyAnna Politkovskaja aveva definito la Cecenia “un inferno in terra”. In molti ritengono che, da quando invasero il paese nel 1994, i Russi vi abbiano compiuto un vero e proprio genocidio.
I militari russi si rendono ogni giorno responsabili di vessazioni di ogni genere: omicidi ingiustificati di civili, retate e rastrellamenti continui, detenzioni senza prove di colpevolezza, stupri, torture di ogni tipo, eccidi di massa. Il governo di Mosca impiega in Cecenia armi proibite da tutte le convenzioni internazionali: proiettili a frammentazione, bombe “sottovuoto”, mine antiuomo, ordigni incendiari, armi chimiche e batteriologice.

Le unità militari russe di stanza in Cecenia dispongono di veri e propri campi di concentramento, definiti “campi di filtraggio“, nei quali rinchiudono i sospettati di terrorismo e dove detengono una giurisdizione esclusiva, con licenza di tortura e sterminio. La guerra russo-cecena è completamente sottratta al diritto internazionale e viola le stesse leggi nazionali russe. La Cecenia è per i militari russi il luogo dell’arbitrio e dell’omicidio legalizzati, è un oltre-mondo dove tutto è possibile. L’obiettivo di Putin è piegare la resistenza Cecena e consegnare per sempre questo piccolo paese a ceceni filo-russi, che lo governino secondo le regole imposte dal Cremlino. Per ottenere tale scopo con un popolo orgoglioso e coraggioso come quello ceceno, memore tra l’altro delle persecuzioni subite dai russi in passato e pieno di odio nei confronti del grande e potente vicino, occorre essere crudeli e privi di qualsiasi tipo di pietà. La distruzione morale e psicologica della popolazione cecena è, secondo Putin, condizione necessaria per la sua definitiva e totale sottomissione. Ciò spiega perché i soprusi ai danni dei Ceceni non siano episodi isolati perpetrati da qualche soldato sadico o deviato, ma facciano parte di una vera e propria strategia di guerra. Essere brutali con i Ceceni è motivo di encomio per i soldati russi, la cui spietatezza dovrebbe spezzare la resistenza del piccolo paese caucasico.

L’obiettivo è mettere in ginocchio la popolazione locale: vengono uccisi gli elementi migliori della popolazione e lasciati in vita i minorati mentali o fisici; l’importazione in Cecenia di farmaci psicotropi, che allevierebbero le sofferenze delle persone picchiate e torturate, è vietata dal governo russo; i soldati agli ordini di Putin mettono in atto un sistema di torture collaudate, studiate a tavolino dai medici e utilizzate sistematicamente nei campi di detenzione allestiti per i “ribelli” ceceni. E’ impossibile, almeno negli anni a venire, che la Russia ponga fine a questa guerra fratricida e conceda l’indipendenza o una forte autonomia alla repubblica caucasica. Il controllo della Cecenia è ritenuto dall’amministrazione Putin di fondamentale importanza. Innanzitutto il territorio ceceno è ricco di risorse petrolifere. In secondo luogo, la Cecenia è uno snodo strategico fondamentale per il trasporto del petrolio e delle altre risorse energetiche che la Russia fornisce ai paesi limitrofi. Inoltre, concedere l’indipendenza alla Cecenia potrebbe costituire per la Russia un “pericoloso precedente“: è possibile infatti che molte repubbliche della Federazione Russa, desiderose di una più ampia autonomia, cercherebbero di sottrarsi alla pesante tutela del Cremlino, che sfrutta la sua forza economica e militare per guidare le politiche dei paesi limitrofi.

Non sono poi da sottovalutare le ragioni di politica interna. Putin ha tutto l’interesse ad agitare lo spettro terroristico: ciò gli consente di ottenere l’appoggio della maggioranza della popolazione, la quale vede nei Ceceni l’origine dei mali che affliggono la società post-sovietica e si stringe, paurosa, attorno al suo zar. I pregiudizi razziali, religiosi ed etnici trovano origine nei bisogni pratici dei governi che li fomentano. Il cittadino medio russo è incapace, a causa della martellante propaganda anti-cecena orchestrata dal Cremlino, di formarsi un pensiero indipendente e critico a proposito della guerra in atto nel Caucaso. Europa e Stati Uniti, per ragioni strategiche ed economiche, non muovono un dito. Gli imperativi della politica di potenza e degli interessi economici immediati hanno la meglio sulla sofferenza di un popolo poco numeroso, in parte islamico, la cui pelle non è propriamente definibile di colore bianco.

Pierfrancesco Celentano

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