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Un po’ di De Gregori

Giorno 8 dicembre, l’auditorium G.. De Carlo del Monastero dei Benedettini di Catania ha avuto il piacere di ospitare uno dei pilastri della canzone italiana, Francesco De Gregori. Un incontro inusuale, voluto dal direttore del Teatro Stabile Pietrangelo Buttafuoco, che si è svolto come una chiacchierata tra il cantautore e Pierluigi Battista, giornalista del Corriere della Sera. Un bel modo per scoprire certi aspetti della personalità di un artista. Ad esempio, sapevate che uno dei punti di riferimento per Francesco De Gregori è stato Gianni Morandi? O che quando era piccolo, sui dieci anni, andava al cinema con i suoi genitori e durante il film si immaginava di essere sul palchetto antistante lo schermo a cantare? La sua voglia di intraprendere la strada della musica si è manifestata molto presto, sia per la voglia di comunicare qualcosa sia per un genuino desiderio di successo, ma ancora fino al clamoroso successo dell’album Rimmel non era certo che ne avrebbe fatto il suo mestiere definitivo. Certo era più facile sfondare nel mondo della musica a quei tempi, negli anni ’70, quando c’era davvero voglia di ascoltare, ma non era un qualcosa a cui si potesse affidare serenamente una carriera e una vita. Tra le sue canzoni più importanti, ancora più che Rimmel o La Donna Cannone, De Gregori indica Viva L’Italia. Canzone che di epoca in epoca è stata fatta propria da destra e sinistra, con grande fastidio del cantante, riesce sempre a suscitare delle emozioni difficili da comprendere nel pubblico che la sente ai concerti. Spesso si leva un applauso ai versi “viva l’Italia, l’Italia tutta intera” (specie al di sotto del Po, viene ironicamente fatto notare da Battista), e a volte si crea una strana alchimia tra pubblico e cantante. De Gregori ammette che una volta eseguita la canzone è di tutti, anche di chi la fraintende, ma sottolinea comunque che l'”Italia tutta intera” non ha tanto una valenza geografica. È l’Italia bella e brutta, l’Italia metà giardino e metà galera.

Tomas Mascali