Pubblicato il: 30 Marzo, 2010

Invictus

A volte lo sport non è solo uno svago, un piacere o un esercizio per il benessere fisico. Lo sport può essere veicolo di valori, può canalizzare idee. È prima di tutto una forma di socializzazione che può unire in comunità interi popoli, nazioni, etnie. Questo lo ha ben capito Nelson Mandela, che, poco dopo la sua scarcerazione, venne eletto presidente del Sudafrica. Ad inizio anni ’90, il Sudafrica era ancora uno Stato spaccato in due: da una parte i bianchi, gli ex carcerieri, dall’altra i neri, vittime di ingiustizie razziali. Due popolazioni all’interno di uno stesso Stato, divise anche nello sport: i primi amano il rugby e gli Springboks (la nazionale), i secondi tifano contro ed amano il calcio. Mandela capisce l’importanza del rugby come possibilità di integrazione tra bianchi e neri e si rivolge al capitano degli Springboks, François Pieenar, incoraggiandolo a vincere la coppa del mondo che si disputerà proprio in Sudafrica nel 1995.

Clint Eastwood non sbaglia un colpo. Questa volta si ispira al libro di John Carling “Playing the enemy” e porta sulla scena la storia recente di Nelson Mandela e di come tramite lo sport è riuscito ad unire il Paese ed attenuare le tensioni. “Invictus” senza dubbio riesce a trasmettere le emozioni che lo sport può dare in certe occasioni.

Ci sono attori che nascono per interpretare determinati ruoli e Morgan Freeman è nato forse per interpretare Mandela. Oltre la somiglianza fisica, Freeman è abile nel riuscire a riprodurre alla perfezione i gesti, i movimenti del presidente.

Anche Matt Damon riesce a calarsi bene nella parte di Pieenar, riesce ad essere convincente ed a mostrare il suo cambiamento di pensiero.

Si può leggere tra le righe una profonda ammirazione di Eastwood nei confronti di Mandela, per quello che ha fatto, per la sua forza d’animo, per la sua tenacia. Mandela è un esempio da mostrare alle nuove generazioni per estirpare del tutto la piaga del razzismo e “Invictus” lo fa adeguatamente.

Diego Bonomo

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