Pubblicato il: 31 Luglio, 2010

Come un fantasma nel silenzio – Intervista a Giancarlo Miccichè

Giancarlo MicchichèQuando un’intervista si dipana come una vera e propria chiacchierata è, sebbene appagante, molto più difficile poi trasmettere al lettore quel che si è ricavato dalla discussione. Vi proponiamo quindi un’intervista esclusiva al giovane musicista siciliano Giancarlo Miccichè, intervenendo il meno possibile, lasciando che sia lui stesso a raccontarsi e a farsi conoscere, anche tramite il suo bellissimo pezzo “Come un fantasma“.

Parlaci di te, prima ancora che della tua musica.

Sono fondamentalmente un malinconico irrequieto, sul depresso andante. Il lavoro che faccio, o meglio che sono costretto a fare, di certo non mi aiuta in questo senso. Lavoro in banca, il posto ideale per rendersi conto di quanta gente perda tempo dietro valori assolutamente inutili. A Settembre comunque scadrà il mio contratto, e non ho alcuna intenzione di rinnovarlo. A far da spartiacque nella mia vita è stata la Malattia di Crohn, una patologia che mi ha colpito l’anno scorso e che mi ha portato a subire un pesante intervento chirurgico. Da quel momento ho imparato a considerare la vita in modo del tutto diverso, a notare come le nostre giornate siano composte da singoli brevissimi istanti e a dare la giusta importanza a ciascuno di essi. Ciò che ritengo fondamentale è affrancarmi dalla catena di montaggio nella quale ormai moltissime persone conducono le loro vite. Non è un caso che una città in cui mi trovo benissimo, che ho visitato più volte e nella quale potrei trasferirmi, è Berlino. Lì le persone sono affrancate dalle convenzioni sociali che noi qui ci portiamo ancora dietro, sono libere di esprimersi. Esiste un posto chiamato Tacheles, una galleria d’arte sorta in un magazzino abbandonato in cui tutti possono esprimersi, ad esempio. È davvero tutto un altro mondo.

E la tua musica?

Il mio ultimo CD si intitola Tempofosco. Originariamente doveva essere un album composto da undici canzoni, tutte scritte avendo in mente storie d’amore impossibili o irrisolte. Alla fine ho preferito trarne un EP più breve, ma con le canzoni che ritenevo più significative. Solo ascoltando il risultato finale mi sono reso conto che il filo conduttore dell’opera era il tempo, in tutte le sue sfumature. Ciò che voglio ricavare da questo album è evidente, e di certo non sono i soldi. Non l’ho nemmeno depositato alla SIAE e non l’ho messo in vendita. Del resto un successo vuoto, legato ai guadagni, non fa per me. Voglio che attraverso le mie canzoni gli ascoltatori possano capire quello che ho capito io della vita. Non vedo in effetti, al giorno d’oggi, musicisti che usano il loro ruolo, indubbiamente importante, per far del bene nel sociale. Non ha senso essere persone di successo se non si è di esempio per gli altri. Io stimo moltissimo i Rezophonic, un progetto italiano di cui fanno parte numerosi musicisti e i cui ricavati dei concerti vanno a finanziare opere benefiche quali la costruzione di pozzi d’acqua in Africa. Tra i prossimi progetti che mi piacerebbe metter su, quello di una formazione volta a recuperare grandi artisti sottovalutati del passato, su tutti Piero Ciampi.

Tomas Mascali

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