Pubblicato il: 23 Maggio, 2008

Vladimir Vysotsky, il poeta censurato

Vladimir VisotskyNel freddo dell’Unione Sovietica degli anni ’60 riecheggiava clandestina una voce calda, graffiante. Era quella di un uomo ispirato, un poeta, la cui insofferenza alla rigidità del regime ne aveva compromesso l’esistenza. Il suo nome era Vladimir Vysotsky. Dei suoi versi intrisi di tormento, in patria, non venne mai stampata una parola. La censura li avvolse nel suo manto scuro, affinché le grida di dissenso non giungessero all’orecchio del popolo oppresso. Lo scrittore allora imbracciò una chitarra e si tramutò in cantore. Per tutta Mosca iniziarono così a diffondersi le registrazioni artigianali delle sue canzoni, che ne accrebbero la fama e lo resero il portavoce di un intero popolo. L’indissolubilità di questo legame trovò un’evidente testimonianza nella folla (circa un milione di persone) che gremì le strade della capitale in occasione del suo funerale, sebbene la notizia della morte, avvenuta il 25 luglio 1980, fosse stata intenzionalmente taciuta dagli organi di stampa. A distanza di quasi trent’anni dalla scomparsa, sulla tomba di Vysotsky non mancano fiori ed altre dichiarazioni d’affetto. L’attenzione sincera verso gli emarginati ed i diseredati, all’interno di un contesto politico e civile di estrema tensione, nonché gli eccessi e le stranezze di una vita inimitabile (alcool, dipendenza dalla morfina…), rappresentano indubbiamente i fattori principali di un tale successo. Un mix di De Andrè, D’Annunzio e Baudelaire che oggi rivive attraverso le note di opere malinconiche, finalmente incise su disco e diffuse nel mondo.

Andrea Bonfgilio

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