Pubblicato il: 15 Giugno, 2010

Marco Bellocchio a Taormina

A presentare il grande regista Marco Bellocchio, è il direttore artistico del festival: Debora Young che lo definisce il più grande dei registi italiani perché a differenza di altri non si ripete mai. Bellocchio tocca dolenti note durante il suo intervento: le rivoluzioni, il cinema italiano di oggi e il doppiaggio. Molti dei suoi primi film ruotano intorno alla rivolta dei figli contro l’autorità dei padri e il regista prende posizione: “ a vent’anni ci si ribella,crescendo si comincia ad accettare la realtà per quella che è. In teoria bisogna adattarsi alla società e prenderla così per come è, salvo nei brevi momenti storici che consentono ribellioni vistose; tuttavia si torna sempre alla conservazione. Ma la mia visione della vita non prevede questo tipo di atteggiamento: io non accetto l’inevitabilità della storia. Nei miei film quindi mi prendo delle libertà per trovare il punto di non rassegnazione. La rivoluzione si può fare in qualsiasi momento.” Poi,rivolgendosi ai giovani in sala: “Anche voi ragazzi, quando metterete su famiglia, sarete fottuti.” Per quello che riguarda il cinema Bellocchio parla con schiettezza e realismo: “ fare un film significa scrivere, creare dei personaggi e lavorare molto sugli attori; spesso vedo alcuni film italiani ben fatti ma recitati male, in modo del tutto insufficiente: purtroppo è la televisione che continuando a sfornare fiction e reality, contamina la recitazione con il cosiddetto mormorato recitativo. La televisione così induce ad una sempre maggiore banalizzazione del livello di rappresentazione e se si pensa al neorealismo, siamo lontani da quella recitazione. Non si può confondere il parlare comune con la recitazione. Ovviamente la banalità dei testi aiuta gli attori italiani che fanno questo genere di cinema, se i testi fossero di Shakespeare o di Dostoevskij non sarebbero in grado di rappresentarli. La gran parte del cinema italiano è mediocre, ma è questa mediocrità che garantisce dei guadagni significativi e permette quindi a molti cinema di sopravvivere. Il discorso sarebbe molto complesso, il pubblico oggi vuole divertirsi, il clima è di guerra paura e angoscia, non c’è spazio per il cinema drammatico.” Per quanto riguarda il doppiaggio Marco Bellocchio dice: “ Quando iniziai a fare cinema, nel 1965, si doppiava tutto ma era accettabile. Personalmente a metà degli anni ’80 abbandonai il doppiaggio e mi avvicinai al suono diretto. Oggi però, il doppiaggio è intollerabile, io non riesco a concepirlo.” Bellocchio conclude il master class prima di recarsi in aeroporto: “Il cinema italiano oggi ha bisogno di elementi originali e noi dobbiamo fare riferimento al meglio, non al peggio. Non è importante cosa si racconta, ma come si racconta.”

Elena Minissale

Lascia un commento

Devi essere collegato to post comment.