Pubblicato il: 8 Novembre, 2010

Jean-Michel Basquiat: ultimo pittore maledetto

Foto di Jessica Hauff

Aggirandosi nei pressi del Musée d’Art Moderne della città di Parigi,  non si può rimanere indifferenti dinnanzi alla chilometrica fila che dal 15 ottobre anima Avenue du Président Wilson. Parigini e turisti provenienti da tutto il mondo attendono trepidanti di entrare nell’affascinante e caotico mondo di Jean-Michel Basquiat, giovane pittore morto prematuramente per overdose all’età di soli 27 anni. È a lui che la Fondation Beyeler, in occasione del cinquantesimo anniversario dalla sua nascita,  dedica una vasta retrospettiva composta da cento opere tra tele e disegni che occuperà le sale del suddetto museo fino al 30 gennaio 2011.

Nato da padre haitiano e da madre portoricana, Basquiat mostra uno spiccato interesse per il disegno sin dall’infanzia, inclinazione che negli anni a venire si trasformerà in una passione totale, pura e ardente in nome della quale consacrare un’intera esistenza.

Ultimo pittore maledetto o “ Picasso nero” come la critica lo ha definito, i dipinti di Basquiat incarnano le lacerazioni e contraddizioni dell’epoca contemporanea a cavallo tra gli anni ’60 e ’80 esprimendo al contempo la forza di un’intera generazione che proprio in quegli anni sente l’esigenza morale di intervenire in ogni ambito del reale al fine di abbattere  le barriere razziali, la violenza, le rappresaglie nonché di avviare un processo di democratizzazione dal basso che tardava a manifestarsi.

I suoi esordi avvengono sotto il segno del graffitismo. Fondamentale in questi anni è il sodalizio con  Al Diaz, suggellato dall’acronimo SAMO ( Same Old Shit). Insieme all’amico pittore ricopre i muri di Manhattan con disegni a sfondo polemico e sovversivo sia nei confronti della società sia  verso la vecchia maniera di fare arte. Tinte violente, linee marcate, sagome deformi sono espressione di una vitalità dirompente e di una sconfinata energia che trova compostezza e rigore nell’ordine superiore delle forme geometriche puntualmente presenti in ogni dipinto. Nota costante della sua produzione è la parola, intesa come elemento portatore di significato ma anche come semplice segno grafico che, pertanto, può essere esaltato, semicancellato, sfumato senza perdere per questo il suo obiettivo principale: attirare l’attenzione dello spettatore.

Foto di Jessica HauffLa parola permane anche nella seconda fase della sua produzione, quando dai graffiti si passa alla pittura. I colori si fanno più accesi, i contorni più accentuati, alla denuncia si uniscono i tumulti interiori, l’angoscia, la paura ma anche la rabbia nei confronti di una collettività classista e razzista che non perde occasione di negare all’uomo di colore il diritto basilare di essere “uomo nel mondo”. Ad una società perfettamente strutturata e gerarchica Basquiat contrappone l’eterogeneità della sua arte costituita da elementi estremamente vari. Cartoni, vecchie tavole, assi fanno da supporto alle sue opere diventando opere d’arte esse stesse. Il materiale umile viene così nobilitato al pari dei soggetti prescelti che Basquiat salva da quel meccanismo sociale cieco e perverso proprio grazie all’esaltazione dei personaggi delle sue tele: re neri incoronati, tribù di sciamani, atleti, musicisti,maschere africane manifestano la voglia di riscatto dei “black” e, sul piano personale, esprimono l’orgoglio del suo essere “nero” nonché l’esaltazione delle sue radici afroamericane.

Tuttavia, la forza, la passione, l’energia che caratterizzano gli anni centrali della sua produzione vengono a mancare negli ultimi anni. Il dolore per la morte di Warhol, intimo amico e collaboratore, insieme all’angoscia e ai turbamenti accentuati dall’eccessivo uso di droghe inibiscono la sua creatività portandolo ad una chiusura totale nei confronti del mondo e dell’arte. La sua produzione perde di originalità, tornano in maniera ossessiva parole, frase reiterate, figure di sciamani con prodigiosi amuleti ma anche demoni e divinità malvagie, espressione probabilmente della lotta titanica intrapresa da Basquiat contro un nemico invincibile che di lì a poco lo avrebbe strappato alla vita.

(Foto di Jessica Hauf)

Laura Gallo

Lascia un commento

Devi essere collegato to post comment.