Pubblicato il: 26 Luglio, 2010

Sul nascere

Forti applausi per lo spettacolo Sul nascere che ha debuttato a Taormina il 20 luglio 2010. La pièce, coordinata da Piero Ristagno, diretta dalla regista Monica Felloni e interpretata dagli attori del Centro di Formazione ODA, è incentrata sul tema della nascita intesa come inizio ma anche come trasformazione della realtà.

Un’atmosfera surreale, quasi onirica avvolge sagome scure disposte a semicerchio in fondo alla scena. Poi il silenzio della sala cede il posto al ritmo della musica che, scompaginando il gruppo di attori, induce ad un movimento di rotazione e traslazione paragonabile a quello terrestre. La similitudine è suggerita dalle immagini proiettate sullo schermo in fondo alla scena, la Terra e la Luna, espressione dell’ideale e del reale, della materia e dello spirito, del raziocinio e della fantasia.

Poi, improvvisamente, si ode un sussurro che diventa progressivamente parola,verbo. È la voce fuori campo che, in modo reiterato,  pronuncia il numero due. La dimensione duale è, infatti, il fil rouge dell’intera pièce che accompagna il macro tema della nascita colta e rivelata nella sua intrinseca dinamicità.

La concezione dualistica irrompe prepotentemente nella mente dello spettatore ordinando alla sua psiche di interpretare il suo tempo e il suo spazio alla luce dell’altro. La ricerca del Due si concretizza nell’ incastro perfetto dei  corpi che, nello spazio scenico, trova la complementarità. Marcella può, così, abbandonare la sedia a rotelle e dare inizio ad una danza armonica e leggiadra tra le braccia sicure di Giuseppe che grazie a lei può intraprendere il suo personale processo di miglioramento. I capisaldi dell’era contemporanea sono ribaltati. La libertà dell’individuo non è più soffocata dallo spazio dell’altro ma dalla crescita smodato dell’Ego che trasforma l’uomo in monade impazzita. L’impulso primordiale e irrefrenabile non è dunque l’affermazioni di se stessi aldilà di ogni limite ma la ricerca dell’altro in un connubio perfetto ed eterno.

Se la concezione duale è il perno attorno a cui ruota l’universo, alla luce di esso può e deve essere interpretata la vita sin dal suo primo apparire ovvero il momento in cui si nasce.  Il tempo circolare della pièce fa della morte l’ eterna compagna della vita. Essa è lo stadio successivo alla nascita e precedente alla rinascita secondo un moto continuo che è alla base della trasformazione della realtà.

Ogni nascita, infatti, voluta o indesiderata, amata o rifiutata, è sempre frutto di un processo dinamico e duale che approda ad una dimensione altra, caratterizzata da molteplici forme e sembianze ma estremamente bella nella sua eterogeneità e molteplicità. Ed è in questa dimensione prismatica che gli uomini possono gridare alle coscienze prigioniere di pericolose sovrastrutture il loro essere “uomini-dei” ossia la loro potenza di essere umani in quanto tali e la loro infinita capacità di trasformare in bellezza e armonia ogni minino e impercettibile aspetto del reale.

La bellezza è, infatti, il secondo motivo conduttore della pièce. Lungi dall’essere considerata la qualità capace di appagare l’animo attraverso i sensi secondo un processo contemplativo, essa si distingue per il suo carattere pratico che stuzzica la curiosità e solletica l’intelligenza. Ecco entrare sulla scena un ragazzo down. Il suo corpo non è alto e slanciato come quello di un ballerino “normale”, i suoi movimenti non sono aggraziati ma alle prime note della musica le sue membra cominciano a muoversi. Il ritmo scandisce ogni suo gesto, il suo corpo emana una sensazione di grande leggerezza e le sue movenze sono coordinate da un’intima armonia. E cos’è la bellezza se non l’armonia delle parti?  Essa può anche rivelarsi  in un gesto semplice ma carico di sensualità. Tra i volti dei protagonisti proiettati sullo schermo ecco di nuovo Marcella, che si pettina e si accarezza il volto. Quanta compostezza e bellezza in questa azione, confermate da un inno alla bellezza recitato dalla stessa dinnanzi ad un pubblico emozionato e ammaliato.

Teatro della relazione, della possibilità e della volontà, lo spettacolo Sul nascere non può non commuovere ossia scuotere e suscitare stupore e sentimento. Non c’è provocazione in tutto questo, né sfida nel volere indurre una persona diversamente abile a superare i suoi limiti fisici. C’è solo desiderio di incontrare l’altro e nell’altro consolidare le proprie potenzialità, indipendentemente dal fatto che sia il pubblico e il compagno di scena. L’arte può, dunque, manifestarsi in tutta la sua purezza. Non ha confini, non ha limiti, rifiuta i pregiudizi e si rigenera continuamente proprio a partire dalla storia personale di ognuno, non importa che sia la storia di chi sta dentro le righe o al di fuori di esse.

Si nasce, si muore, si rinasce “abili” o “diversamente abili” nei movimenti, nella parola, nella comprensione ma nell’arte, terra franca per eccellenza, ognuno può trovare la propria vocazione e il modo per esprimerla percorrendo strade inedite ed estremamente affascinanti.

Laura Gallo

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