Pubblicato il: 19 Maggio, 2009

La politica non è finita

parlamentoNei paesi occidentali le distanze ideologiche tra i due principali partiti sono sempre meno marcate. Anche in Italia molti sostengono che Pd e Pdl siano schieramenti speculari e simili tra loro. In effetti, i due partiti che riscuotono i maggiori consensi si assomigliano sempre più su certi aspetti, ma rimangono molto distanti su tanti altri. Ciò che li accomuna più marcatamente è la continua ricerca del consenso; ormai la politica non è più innovatrice sul piano delle idee, ma rincorre l’opinione pubblica, cercando di capire in anticipo come questa si orienti e poi facendo a gara a chi prima e meglio possa offrirle quello che vuole. Vi è poi una similitudine su certe questioni programmatiche; l’età della tecnica, insieme allo svilimento del potere degli stati nazionali, richiede interventi simili in materia di attuazione delle direttive europee e di adeguamento delle decisioni ai nuovi mutamenti tecnologici. Tuttavia, sulla maggior parte dei temi Pd e Pdl si distinguono in modo evidente. Prima di tutto c’è da constatare l’abissale differenza per quanto riguarda il ruolo e la posizione attribuita al leader. Per il Pdl il leader Berlusconi è quasi un padrone, un capo “carismatico” la cui guida nessuno osa mettere in discussione, a grande discapito dei processi democratici interni al partito. Nel Pd la situazione è completamente opposta: il leader è solo un “primus inter pares”: assolve più la funzione di coordinamento che non quella di guida, viene periodicamente fagocitato e messo da parte dalla base del partito, non gode della stima incondizionata dei suoi sostenitori. Vi sono poi enormi differenze culturali e sociologiche, tra le quali almeno una merita di essere citata. Il partito di Berlusconi erge a leader l’arrivista, che dimostra il suo talento attraverso i soldi che è riuscito a guadagnare; una politica dell’immagine evidente, dove conta più l’apparire dell’essere, il potere rispetto ai principi, la ricchezza sulla forza morale. Il disvalore trionfa, l’ambizione sfrenata è premiata, la rettitudine non è condizione necessaria per la detenzione del potere. Secondo questa visione l’uomo forte o presunto tale, difenderà il paese e lo migliorerà, senza mettere davanti i propri infiniti interessi alle esigenze della popolazione. Il Pd è invece ancora legato alle idee, ai principi; i suoi leader hanno un tono più dimesso, più incline alla discussione che non agli slogan roboanti, pazientemente teso alla ricerca del vero, legato ancora ai valori della cultura e del rispetto. Gli esponenti del partito democratico perdono consensi anche perché non sono a loro agio in questo teatrino della politica, rappresentato dai mass media; non sono in grado di essere populisti e demagoghi, fomentando paure e presentandosi poi come coloro che saranno in grado di eliminarne le cause. Insomma, si sentono inadatti alla “società dello spettacolo”, della quale non condividono scopi, modi, idee.

Celentano Pierfrancesco

Lascia un commento

Devi essere collegato to post comment.