Pubblicato il: 25 Giugno, 2010

Parigi Marais: dove ogni strada è un romanzo

Charles Aznavour cantava la bellezza di Parigi in Agosto, «un incanto di più in cui ogni strada è un romanzo». Già. Si capisce al volo la terribile parabola a cui La Ville Lumiere sembra esser condannata.

Parigi può essere la città più romantica al mondo. Così come la più malinconica.

Come certi giudici lapidari dei film di Truffaut. «La vita era come una strana vacanza. Mai Jules e Jim avevano giocato una partita a domino così importante. Il tempo passava. La felicità si racconta male perché non ha parole ,ma si consuma e nessuno se ne accorge».

A Parigi c’ero stato da bambino. Dormivo a Trocadero, la sera giocavo a stringere tra le dita la Torre Eiffel. Col tempo mi ero ripromesso di tornarvi con un amore in tasca. In modo da poter vedere Montmartre con gli occhi di un novello Prevert. Ci son tornato per caso. In tasca pochi soldi e una cartina stropicciata della città e delle sue linee metro, che regolarmente non ho utilizzato.

Avrei voluto scrivere di Montmartre, vivere il mio soggiorno come in una foto di Doisneau, con l’umore che spaziava tra Yann Tiersen, Pauline Coetze.

Scriverò invece di Marais, dove Victor Hugo scrisse I miserabili. Un B-side emotivo. Non meno intenso. Semplicemente non quello che ci si potrebbe aspettare o che per lo meno mi aspettavo.

Marais oggi è un quartiere multietnico con una vocazione borghese visibile nei suoi edifici pre-rivoluzionari, nei suoi hotel e i suoi infiniti musei. Ma non fu sempre così. Bistrattato durante la Rivoluzione (qui la Bastiglia) e a lungo lasciato alla sua rovina fino agli anni ‘60  – data in cui iniziarono a comparire gallerie e boutique vicino alle botteghe degli artigiani, ai fornai e ai caffè – Marais si affaccia sulla Senna, sulla sua riva destra, proprio di fronte alla Ile de la Cité e alla Ile Saint Louis.

Marais è la storia di Parigi, ne è il cuore storico e politico, del resto sulla rive della Senna sorge l’Hotel de Ville, il ricostruito municipio della città. La storia, dicevo. Quella racchiusa nel museo Carnevalet, quella post rivoluzionaria che si respira vicino alla Bastiglia e quella di Place des Vosges. Marais piaceva anche a Simenon per il suo potenziale narrativo, per la sua storia e le sue storie.

Vicoli e piazzette segrete, giardini nascosti da portoni scolpiti. Poi il quartiere ebraico tra Rue Des Rosiers, Rue Pavèe e Rue Vieille du Temple. Ancora le boutique dei giovani rampolli della moda, le nuove tendenze che la etichettano gay village per vocazione lungo Rue Beaubourg.

Il Marais parla molte lingue e parla molto poco, come nell’episodio di Paris, je t’aime girato da Gus Van Sant e dedicato al quartiere. Per quanto tu possa esternare la sensazione che potreste essere anime gemelle, il quartiere non risponde. Marais continua la sua silente vita all’ombra dei suoi palazzi.

Luca Colnaghi

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